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“Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”

Giovanni Paolo II

Sono trascorsi quindici anni dal fallimento della banca d’affari statunitense, Lehman Brothers, il 15 settembre del 2008, evento iconico della Grande Crisi Finanziaria (GCF) del 2008-09, che dagli Stati Uniti si diffuse rapidamente in tutto il mondo facendo paventare un’implosione del sistema finanziario globale, dalle banche alle assicurazioni alle società di gestione delle carte di credito, producendo gravi e durature ripercussioni sulle Borse e sull’economia reale della maggior parte dei Paesi del mondo. Oggi il sistema finanziario torna a tremare, profondamente scosso dal fallimento improvviso della grande banca statunitense Silicon Valley Bank, considerata una delle migliori del Paese e il secondo più grande fallimento bancario nella storia finanziaria americana, ceduta a First Citizens BancShares; a ruota è seguito poi il fallimento anche della più piccola banca commerciale Signature Bank. In Europa si è assistito quindi all’improvvisa crisi del colosso bancario elvetico Credit Suisse, una banca di rilevanza sistemica, tra le cosiddette too big to fail, così importante che la FINMA, l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari, la fa acquisire in fretta e furia dal gigante UBS, a mercati chiusi il 18-19 marzo, per evitarne la bancarotta. Gli azionisti di CS non vengono neppure interpellati e subiscono un crollo delle quotazioni del 56% dal venerdì alla riapertura dei mercati il lunedì seguente all’accordo; ancora peggio va agli obbligazionisti detentori di titoli subordinati (in gergo “AT1”), il cui valore viene totalmente annullato d’imperio, per un controvalore pari a 17 miliardi di dollari. Le autorità regolamentari elvetiche creano in un sol colpo due pericolosi precedenti: il primo, a danno dei creditori “subordinati” che in modo del tutto irrituale sono stati sacrificati prima degli azionisti, ancorché la decisione fosse tecnicamente giustificabile in base alle clausole contrattuali; il secondo, a danno degli azionisti stessi, che non sono stati neppure interpellati sull’accordo. Si tratta, a ben vedere, di una sostanziale violazione del diritto di proprietà e dei contratti, che non fa certamente buona pubblicità al sistema finanziario svizzero: per di più considerando che rispetto ai massimi precedenti alla GCF, il titolo CS ha perso circa il 99% del proprio valore.
Il nervosismo sul comparto bancario si è presto esteso anche a Deutsche Bank, un’altra banca di rilevanza sistemica, tra le più grandi al mondo per attivo e fatturato. Il colosso tedesco, che non si era mai ripreso pienamente dopo la caduta subita durante la GCF del 2008-2009, patisce un repentino tracollo in Borsa sul timore di insolvenza dei propri debiti, ben riflesso dall’esplosione di prezzo dei cosiddetti CDS, i Credit Default Swaps, strumenti acquistati a garanzia di possibili fallimenti del debitore, oltre che con finalità puramente speculative.
Che cosa sta accedendo nel settore bancario? Quali sono le cause, prossime e remote, di questa nuova crisi? Che cosa possiamo aspettarci?
Per approfondire, cfr gli articoli ai seguenti link:
https://lanuovabq.it/it/le-vere-cause-dellultima-crisi-bancaria
https://lanuovabq.it/it/le-banche-centrali-spengono-lincendio-che-hanno-creato
https://lanuovabq.it/it/il-socialismo-finanziario-non-e-la-soluzione-ma-e-il-problema
https://culturainpillole.com/raccolta/argomenti/lo-stato-falsario/

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